La discesa verso città bassa delle funzioni pubbliche e il contemporaneo abbandono di molti palazzi nobili rendono la parte alta, già alla fine dell’Ottocento, uno dei quartieri più popolari e malsani di Bergamo.
A seguito di un concorso effettuato nel 1927, nel 1933 il podestà Ernesto Suardo procede a redigere un piano di esproprio per tutte le abitazioni di Città alta ritenute insalubri; l'anno seguente, podestà Antonio Locatelli, ottenuti i finanziamenti da parte dello Stato, il Comune di Bergamo incarica Luigi Angelini di redigere un progetto di risanamento, che sarebbe divenuto attuativo nel 1937.
Il progetto divide fortemente la città: da una parte vi è chi, come l’ingegner Chitò e l’architetto Bergonzo, spalleggiati politicamente da Pietro Capoferri, vorrebbe procedere all'apertura di “un’ampia via rettilinea di sventramento”, con la conseguente demolizione lungo via Colleoni di numerose abitazioni. Dall’altra vi è l’ingegner Luigi Angelini, con l’appoggio politico di Suardo e Locatelli, che invece intende abbattere solamente gli edifici pericolanti, restaurando, come nel caso del Convento di S. Francesco, le aree storiche rilevanti e attribuendo loro nuove funzioni pubbliche. L’obiettivo è rivitalizzare Città alta, riportando il borgo storico alle pregevoli condizioni dei secoli precedenti. Il dibattito si svolge assai aspro e non mancano neppure intimidazioni nei confronti di Angelini (professionista non iscritto al Partito nazionale fascista) e di chi lo appoggia politicamente, tanto che la stessa sezione locale del partito viene commissariata.
Le fotografie esposte in mostra documentano l’eccezionale campagna fotografica realizzata nel 1938 e mostrano l’inizio di una parte dei lavori; il piano di risanamento del progetto Angelini viene ripreso nel 1946 e, secondo criteri di massima, portato a termine nei primi anni Sessanta